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Siprec: necessario informare e prevenire

Silenzioso e, in alcuni casi, sottovalutato, l’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue è il nemico numero uno delle coronarie e dei vasi sanguigni. La prevalenza dell’ipercolesterolemia si attesta al 30 per cento della popolazione adulta, con un trend in preoccupante crescita. Educare, informare e fare una buona prevenzione sono alcune tra le priorità della Siprec (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) alla vigilia della Seconda Giornata Italiana della Prevenzione Cardiovascolare, in programma a maggio.

“La definizione di ipercolesterolemia in senso generico può apparire oggi obsoleta – afferma Massimo Volpe, Presidente SIPREC e Professore di Cardiologia presso l’Università La Sapienza di Roma – poiché si fa ancora riferimento a una visione legata ai valori del colesterolo totale. In realtà, dal punto di vista clinico interessa soprattutto il valore del colesterolo Ldl, il cosiddetto “cattivo”, e i limiti considerati normali di questo valore sono diversi da persona a persona” in relazione al profilo di rischio cardiovascolare individuale. Il colesterolo è un grasso che non “viaggia” nel sangue ma viene trasportato dalle lipoproteine ed è un componente fondamentale delle membrane cellulari. Le lipoproteine ad alta densità, Hdl, rappresentano il cosiddetto colesterolo “buono”. Le lipoproteine a bassa densità, Ldl, formano il colesterolo “cattivo”, poiché nel loro tragitto verso i tessuti possono depositarsi sulle arterie e sui vasi, contribuendo alla formazione di placche aterosclerotiche rendendole tra l’altro più vulnerabili e mettendo a serio rischio la salute cardiovascolare. “Sono diversi i fattori alla base dell’ipercolesterolemia: un ruolo importante è legato alla genetica e alla familiarità – continua l’esperto – ma altrettanto importante è la componente ambientale, determinata dall’interazione tra patrimonio genetico e tutto quello che proviene da stili di vita e alimentazione. Da non sottovalutare, infine, la correlazione con il sistema ormonale, specie nelle donne in fase di climaterio e menopausa”. Tutte queste componenti, presenti in misura diversa, possono contribuire a determinare il rischio di patologie cardiovascolari, come infarti e forme gravi di angina a livello coronarico. Il rischio è inoltre significativo per le malattie che coinvolgono il sistema vascolare, come ictus e ischemie, ostruzione delle arterie, comprese le arterie addominali, problemi nella circolazione cerebrale. “Eventi come infarti o ictus possono essere ridotti se si attivano strategie di prevenzione e percorsi terapeutici ad hoc per i pazienti a rischio – afferma il professor Volpe – oggi non ci si accontenta più di un ‘effetto cosmetico’ dei farmaci. Le cure devono ridurre drasticamente la morbilità e la mortalità. Proprio in questa direzione vanno i trattamenti a base di statine che agiscono sul metabolismo cellulare del colesterolo”. “C’è ancora tanto da fare sulla percezione dei rischi legati all’ipercolesterolemia – conclude il Presidente della SIPREC – Per questa ragione la nostra attività si concentra molto sull’educazione e la corretta informazione. Una buona prevenzione è fondamentale non solo per tutti i cittadini ma anche per la sostenibilità futura del Servizio Sanitario Nazionale. Aggiungo che sarebbe auspicabile prevedere screening periodici dei livelli di colesterolemia sulla popolazione, in collaborazione con il territorio e le farmacie. Può bastare un semplice prelievo anche di poche gocce di sangue per intercettare una persona ad alto rischio ed arginare in tempo il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari gravi”.

Fonte: askanews.it

Entro metà del secolo oltre 50% popolazione sarà alle prese con allergie

Entro la metà di questo secolo, gli esperti stimano che oltre il 50% della popolazione sarà allergica e non si profilano miglioramenti nello scenario futuro. Esordisce così Lorenzo Cecchi, Presidente AAIITO (Associazione Allergologi e Immunologi Territoriali e Ospedalieri), nel suo intervento all’evento stampa di Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, intitolato: “Allergie respiratorie e clima: cosa sta cambiando e cosa sapere”. “Attualmente, secondo l’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica (EAACI), sono 100 milioni i cittadini europei che soffrono di rinite allergica e 70 milioni di asma”, prosegue, “due malattie spesso associate, tanto che possiamo affermare che oltre il 90% degli asmatici ha anche la rinite e metà delle persone che hanno la rinite hanno l’asma in diverse gravità”.

Poiché le allergie respiratorie sono provocate da allergeni che entrano in contatto con l’organismo attraverso l’aria respirata, la correlazione tra inquinamento atmosferico/smog e aumento delle patologie allergiche è immediata: “Ciò è dovuto alla sinergia dannosa tra inquinanti, pollini e allergeni. Gli inquinanti, da un lato, danneggiano la mucosa e facilitano la maggiore penetrazione dei pollini e, dall’altro, aumentano l’allergenicità degli stessi”, sottolinea l’esperto. A questo si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare l’aumento della temperatura, che influisce, anticipando le stagioni di fioritura delle piante, come betulla e cipresso, e prolungando, ad esempio, quella delle graminacee e della parietaria. “L’inquinamento”, commenta Cecchi, “contribuisce al danneggiamento della cosiddetta ‘barriera epiteliale’, un muro fatto di mattoni dove al di sotto si trova il sistema immunitario, come se fosse uno scudo che filtra ciò che arriva dall’esterno, limitando il numero di sostanze che entrano in contatto col sistema immunitario. Le sostanze che l’uomo ha introdotto nell’ambiente negli ultimi 60-70 anni, circa 350.000, provocano la sconnessione di questi mattoni e la conseguente penetrazione di allergeni, sostanze inquinanti, irritanti e microorganismi, inclusi i batteri. Alcuni di questi ultimi abitano sopra la barriera epiteliale e contribuiscono all’equilibrio con il sistema immunitario. Il danneggiamento della barriera epiteliale provoca e alimenta l’infiammazione, che è la fonte di malattie allergiche ma anche di altre malattie croniche.” Per evitare questa “sconnessione” del muro e queste eccessive infiltrazioni, è necessario, ribadisce Cecchi, impegnarsi per ridurre le sostanze che generano inquinamento outdoor e indoor. Nonostante sia indiscutibile la predisposizione genetica alle allergie respiratorie, è possibile anche affermare, proprio a causa dell’ambiente circostante, che si può diventare allergici. A corroborare questa tesi, “la cosiddetta ipotesi igienica, secondo cui le persone in contatto con gli agenti patogeni hanno meno probabilità di essere allergici, come ampiamente studiato nei bambini che nascono in contesti rurali rispetto ai loro coetanei che vivono in città”. “In pratica”, spiega il medico, “nell’ambiente rurale si mantiene maggiormente l’equilibrio tra batteri dell’ambiente e il nostro sistema immunitario, equilibrio che si è realizzato in milioni di anni di convivenza. Questo spiega perché nel mondo occidentale ci sono più malattie allergiche rispetto ad altri Paesi meno sviluppati”. Sono i bambini i più esposti alle allergie respiratorie, al contrario di altre allergie: “Oltre 1 su 3 presenta almeno un episodio di respiro affannoso acuto prima dei 3 anni di età e, spesso, nella forma di respiro sibilante o wheezing: questo perché i bambini vengono esposti a quegli stimoli ambientali che rappresentano i fattori di rischio per l’insorgenza di malattie allergiche nella fase di sviluppo del loro sistema immunitario”. Anche per gli adulti, però, è fondamentale la prevenzione attraverso l’adozione di uno stile di vita sano, ricco di antiossidanti, e attraverso l’informazione, rimanendo aggiornati sui sistemi di previsione e quelli di monitoraggio ambientale, sia per i pollini che per gli inquinanti, su siti ufficiali. Più delicato è il discorso sull’attività sportiva: “anche se le cure di oggi oramai permettono di svolgere qualsiasi tipo di attività fisica, vi sono alcuni tipi di sport che richiedono maggiore attenzione, come il ciclismo, che espone lo sportivo ad alte concentrazioni di pollini”. Attenzione, poi, per gli allergici, sia adulti che bambini, anche agli allergeni indoor, come gli acari della polvere e la forfora degli animali da compagnia: “utilizzare”, suggerisce il Dottore, “per materassi e cuscini fodere anti-acari, lavare gli animali una volta alla settimana e tenerli lontano da divani, mobili imbottiti, camere da letto”.

Fonte: askanews.it

Schermi di tv, computer, tablet o cellulari

La maggioranza delle mamme, oltre 9 su 10, ha riferito di non aver fumato durante la gravidanza e oltre 8 su 10 di non aver consumato bevande alcoliche. Tuttavia, sono ancora troppi i bambini (38%) potenzialmente esposti a fumo passivo a causa della presenza di almeno un genitore e/o altra persona convivente fumatrice. Inoltre, se è vero che più del 90% delle mamme ha assunto acido folico in gravidanza, è altrettanto vero che solo un terzo (32,1%) lo ha fatto in maniera appropriata a partire da un mese prima del concepimento. Ancora: tra gli 11 e i 15 mesi, oltre la metà dei piccoli è esposta già a schermi, tra TV, computer, tablet o cellulari; nella stessa fascia d’età, oltre un terzo delle mamme trova difficile farli stare, in auto, nel seggiolino ben allacciati. Sono questi alcuni dei risultati, presentati oggi presso l’Istituto Superiore di Sanità, del Sistema di Sorveglianza 0-2 anni sui principali determinanti di salute del bambino – Sorveglianza Bambini 0-2 anni – promosso dal Ministero della Salute e coordinato dall’ISS, realizzato in collaborazione con le Regioni.

“Investire nelle prime epoche della vita significa favorire ricadute positive lungo tutto l’arco dell’esistenza, non solo nel singolo ma nell’intera comunità, sia in termini di salute che di sviluppo di competenze cognitive e sociali e di accesso a percorsi educativi e professionali – afferma Giovanni Capelli, Direttore del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’ISS – I risultati dell’edizione 2022 della Sorveglianza mostrano che i comportamenti favorevoli al pieno sviluppo psico-fisico dei bambini non sono sempre garantiti ed evidenziano differenze territoriali e socio-economiche meritevoli di attenzione in un’ottica di salute pubblica”.
Dalla Sorveglianza – che ha coinvolto un totale di oltre 35.000 mamme intervistate nei Centri Vaccinali delle Regioni partecipanti – viene fuori che due terzi delle mamme (66,7%) è consapevole di dover mettere a dormire il proprio bambino a pancia in su per prevenire la morte improvvisa in culla e che tre quarti delle mamme (76,1%) intende vaccinare i propri figli ricorrendo sia alle vaccinazioni obbligatorie che a quelle raccomandate. Il 13% dei bambini non è mai stato allattato e sono ancora pochi quelli allattati in maniera esclusiva per il tempo raccomandato dall’OMS: il 46,7% nella fascia d’età 2-3 mesi che si riducono al 30% nella fascia 4-5 mesi.

Troppi i bambini che passano del tempo davanti a TV, computer, tablet o cellulari già a partire dai primi mesi di vita: il 22,1% nella fascia 2-5 mesi, percentuale che cresce all’aumentare dell’età fino ad arrivare al 58,1% tra i bambini di 11-15 mesi. La quota di bambini a cui non sono stati letti libri nella settimana precedente l’intervista risulta pari al 58,3% nella fascia d’età 2-5 mesi, e al 32,6% tra i bambini di 11-15 mesi. Il 12,4% delle mamme di bambini di 0-2 anni ha riferito di essersi rivolta a pediatra o pronto soccorso per incidenti occorsi al bambino. Il 19,3% delle mamme di bambini di 2-5 mesi riferisce di avere difficoltà nel farli stare seduti e allacciati al seggiolino, quota che sale al 34,4% tra le mamme di bambini di 11-15 mesi.

Fonte: askanews.it